FareVela - marzo 1998 Sydney, io ci provo... Quando mancano poco meno di 1000 giorni al 15 settembre del 2000, data di apertura della XXVI Olimpiade, e pochissime ore all'inizio della stagione agonistica 1998, siamo andati a controllare il livello di preparazione raggiunto dagli italiani che puntano all'obiettivo pił esclusivo nella vita di un atleta. Mille giorni passano in
fretta, pił di quanto si immagini. Un tempo ormai
consueto anche per preparare una Coppa America o una
Whitbread che, per gli stakanovisti del circuito olimpico
č ormai da anni diventato una regola. Troppo elevato e
in continua evoluzione, infatti, il livello tecnico medio
delle classi olimpiche, senz'altro la massima espressione
puramente sportiva della vela agonistica. Ormai č
impensabile pretendere di preparare un'Olimpiade in pochi
mesi. Sin troppi i velisti (anche eccellenti) che hanno
dovuto rinunciare ai sogni di gloria dopo le prime
batoste rimediate nel circuito Eurolymp da timonieri
magari meno talentuosi, ma pił dotati di spirito di
sacrificio o di voglia di imparare. Allenamento,
allenamento e poi ancora allenamento. Questa l'unanime
risposta dei migliori velisti al mondo alla domanda su
come siano riusciti a raggiungere i loro risultati. Se un
Jochen Schumann, una Theresa Zabell o un Robert Scheidt
(tanto per citare alcuni dei fuoriclasse assoluti della
vela olimpica), affermano che č impossibile migliorare o
mantenere il passo degli avversari senza una rigida
disciplina agonistica, ci sarą pure una ragione. Fatta
di ore e ore passate in acqua, per limare una virata o
guadagnare un centesimo di nodo testando una nuova vela.
Trascorso senza sussulti (salvo le prime eccitanti regate
del 49er) l'anno postolimpico, il circuito entra nel
vivo. Ovunque ci si muove per trovare tempo e soldi in
grado di garantire una campagna triennale all'altezza.
Per quanto ci riguarda, qui di seguito vi presentiamo gli
italiani che sperano di farcela. [...] M. T. FareVela - Marzo 1998 |